Il Milan di Berlusconi, in questi anni, è quasi sempre stato ai vertici grazie alla capacità organizzativa ma soprattutto grazie alla continua capacità di innovare.
L'innovazione, lo dicono tutti i consulenti societari, è il volano per poter far crescere e prosperare le aziende, di qualsiasi tipo.
Il calcio quindi, non sfugge alla logica.
Il Milan, in vent'anni, è stato capace di portare innovazioni di prodotto e innovazioni di processo.
L'innovazione di prodotto più evidente è rappresentata da Arrigo Sacchi: come il calcio si sia evoluto a partire dal Milan degli olandesi è evidente agli occhi di tutti.
Ma non è l'unica innovazione sul prodotto "gioco", perché ogni allenatore del Milan ha saputo creare qualcosa di nuovo, inatteso, da andare a vedere, da imparare o da godere.
Anche Terim ha portato innovazione, sebbene a questa non abbiano corrisposto risultati soddisfacenti.
Alle innovazioni di prodotto, poi, si sono aggiunte innovazioni di processo. I consulenti aziendali conoscono benissimo il termine: innovare i processi vuol dire cambiare il modo di fare le cose al fine di massimizzare i risultati.
Il Milan ha costruito un centro sportivo all'avanguardia, coccola i propri giocatori grazie all'organizzazione.
Poi ha per primo inserito in organico un preparatore atletico e un allenatore specifico per i portieri in pianta stabile, ha creato il MilanLab, usa campi sintetici, ...
Tutte cose che vengono studiate da tutte le squadre del mondo, che vengono a vedere come funziona il Milan.
Poi c'è il marketing, che per l'Italia era una grandissima innovazione: sponsor, licenziatari del marchio, pupazzi e chi più ne ha più ne metta. Non è un caso che "Milanello", l'ultima mascotte, sia un prodotto Warner Bros.
Purtroppo, da un paio di anni, il Milan non è stato capace di innovare e di rinnovarsi, e oggi la squadra paga questo scotto.
Come per un'azienda tessile o di scarpe qualunque, che non ha saputo innovare per competere con i competitor cinesi, anche il Milan non ha saputo innestare novità che lo facessero rimanere un passo avanti agli altri, sempre e comunque all'avanguardia.
Adesso, adattarsi alla nuova situazione non è semplice.
Perché il Milan macina gioco, non attende gli avversari.
Perché il Milan deve riversarsi nella metà campo avversario, non nella propria.
Perché il Milan non sa speculare sulle situazioni, non è mai stato capace di fare le solite manfrine per perdere secondi preziosi e spezzare il ritmo degli avversari.
Perché il Milan ha sempre massacrato gli avversari sul ritmo partita.
Perché il Milan non sa giocare di rimessa, ma cerca di rubare palla e ripartire subito.
Perché il Milan è il Milan.
Adesso dobbiamo essere un po' più pratici e meno estetici, fare più falli a centrocampo se ci stanno ribando il pallone, giocare con una sola "ala" e non con due, ma soprattutto, dobbiamo essere capaci di adattarci alle situazioni. Senza snaturarci troppo, ma senza essere schiavi di un sistema di gioco che non siamo in grado di interpretare.
Gli obiettivi di stagione sono ancora raggiungibili. Il divario tra le prime e le altre è evidente.
Noi siamo tra le altre, prendiamone coscienza e lavoriamo giorno dopo giorno sul campo e sugli spalti.
Con l'"umiltè" sacchiana, con la voglia di fare di Capello e con i rapporti umani del Conte Carlo.
Perché un ciclo sta finendo, ma deve finire con onore.